Fortunato chi ha conosciuto l’attesa, la vera felicità per colui che sa ancora aspettare!

Napoli, 26 Settembre 2022 – La mia generazione è cresciuta attendendo, la nostra vita era scandita dall’attesa, che non era qualcosa di fastidioso, di negativo, di snervante, era l’ossigeno della vita stessa. Il nostro punto di riferimento era il calendario e non il marketing dei centri commerciali che cavalcano come cavalli imbizzarriti il tempo, esponendo la merce mesi prima dell’evento in questione, tipo gli addobbi di Natale nel mese di settembre, spingendo le folle a correre, ad anticipare, a bruciare la festività che al suo arrivo è ormai un ceppo trasformatosi in cenere.

Si attendeva la domenica giorno di festa importante per svariati motivi: andare a messa, che a prescindere dall’aspetto religioso, era l’unico momento di svago e d’incontro con i primi amori di ragazzini; un pranzo più succulento, magari con i dolci a fine pasto; fare una passeggiata e comprare un gelato con le amiche.

 Si attendeva il giorno del compleanno o onomastico per ricevere un po’ di attenzione essendo per lo più famiglie numerose in cui l’attenzione andava condivisa e non condensata su uno e perché no, finalmente un vestito nuovo o qualcosa che si desiderava da tempo.

Si attendeva il ritorno a scuola che era ad ottobre, per stare finalmente con i compagni di classe che si perdevano durante la lunga estate che snervava all’inverosimile; il Natale che riuniva la famiglia, il vicinato, e poi la Befana con il suo unico dono.

Si attendevano le lettere, le cartoline che impiegavano davvero tanto ad arrivare, soprattutto durante l’estate con il boom degli invii e le poste che andavano in tilt; lo sviluppo del rullino che con molta attenzione veniva prontamente riposto nel contenitore di plastica nero e chiuso all’istante, per non farlo rovinare dalla luce e mandare così in fumo i ricordi. Si attendeva il pullman a volte anche per un’ora perché da noi al sud, non rispettava mai un orario. Si attendeva di crescere per costruire il proprio futuro.

Attendere non era una parolaccia, un’imprecazione, una crisi di nervi, era educarsi alla pazienza, era sognare ad occhi aperti e dormienti il giorno tanto atteso, era calma, era sorrisi giocondi mentre ti rigiravi nel letto. La nostra esistenza non viaggiava su “tutto e subito”.

Quando il mondo ha iniziato a correre, a velocizzare, ad accorciare, ha fatto sì delle cose positive perché accorciando le distanze le culture si avvicinano e lo scambio è sempre formativo, ma ha tralasciato completamente i danni che ne sarebbero derivati.

Il tutto e subito sta mietendo vittime, povere anime che non sanno più come occupare il tempo, divorati dall’immediato, ansiosi di trovare sostituti da incanalare nel vortice del tempo, non importa cosa, basta colmare il vuoto della non più attesa, sprofondando nell’irrealtà del virtuale, nell’ansia, nell’introspezione, troppe volte ormai nella depressione. L’arte di attendere, perché di arte si tratta, dovrebbe diventare una disciplina scolastica, in modo tale da educare i bambini sin da subito a disciplinarsi all’attesa.

Attesa: il sale della vita, il tempo che intercorre tra l’avvio di un sogno, un desiderio, un incontro e il suo compimento, quel passo svelto che rallenta per poi accelerare.

Fortunato chi ha conosciuto l’attesa, la vera felicità per colui che sa ancora aspettare!

 

Lella